Cosa sono e come funzionano gli Algoritmi di Facebook? Iniziamo col dire che in informatica l’algoritmo è la procedura per risolvere un problema tramite l’applicazione di una sequenza di azioni ben precise, disposte secondo un ordine predefinito.
Algoritmo è diventata una parola in voga perché utilizzata da Google per il posizionamento e anche da tutti i social network, in particolare Facebook. L’algoritmo alla base della piattaforma di Mark Zuckerberg si occupa in particolare di filtrare i contenuti (post, foto o video) da far apparire nella sezione Home di facebook.
In campo aziendale la comprensione di tale meccanismo risulta importante per pubblicizzare prodotti o servizi. Sfruttandolo a proprio vantaggio, infatti, si possono aumentare le interazioni sulla propria pagina, profilo o gruppo Facebook – il cosiddetto Funnel di Marketing.
Algoritmi e funzioni del social
Alla base dell’algoritmo di Facebook ci sono i like, le reazioni, i commenti, le condivisioni, gli amici, le persone e pagine seguite e il tempo speso sui social. Tutto ciò personalizza la sezione Notizie, diversa per ciascun utente anche se si hanno, per assurdo, gli stessi amici di un’altra persona.
Il sistema è stato creato per non far perdere al singolo notizie per lui importanti e per nascondere quelle che potrebbero interessare meno.
Ogni utente può intervenire nella creazione della propria Home sia indirettamente, con le sue interazioni, sia direttamente, selezionando, su un determinato profilo o pagina, “mostra per primo” per ricevere più aggiornamenti o “nascondi” per non riceverne affatto.
La nuova News Feed
Agli inizi del 2018 Zuckerberg ha annunciato un cambiamento importante per il social riguardante la News Feed, ossia appunto la sezione Notizie.
L’algoritmo del 2018 offre innanzitutto maggiori visibilità ai post di persone fisiche rispetto a quelli di pagine di aziende, associazioni e testate giornalistiche. Tale novità è dovuta al fatto, come ha spiegato lo stesso Zuckerberg, che era necessario un miglioramento delle relazioni interpersonali sul social. Chi possiede una pagina Facebook rimane dunque svantaggiato e per “sopravvivere” deve seguire alcuni consigli
Chi gestisce una pagina Facebook da solo o con l’aiuto di un social media manager, figura analizzata in un precedente articolo, deve avere come primo obiettivo il continuo coinvolgimento degli utenti. A tal fine vanno condivisi contenuti interessanti e di vario tipo, soprattutto video che devono indurre i fan a commentare, mettere “mi piace” o inserire “reactions” di altro tipo.
Un altro sistema è la promozione a pagamento, una sponsorizzazione offerta da Facebook per cui cambiano le tariffe a seconda del risultato che si vuole raggiungere.
Per incrementare le reazioni, il gestore di una pagina può chiedere agli utenti espressamente di farla apparire di più nella loro home. Altra strada è quella di creare gruppi associati in cui riproporre i contenuti della pagina, e aggiungere membri, per renderli visibili a chi non è fan della stessa.
Come cambiano gli Algoritmi
Il primo algoritmo brevettato per Facebook è stato l’Edge Rank, presentato nel 2009 a San Francisco e usato per i successivi due anni. Si trattava di un algoritmo “user based”, ossia pensato intorno agli interessi del singolo utente. Tre i fattori principali: affinità, peso e time decay.
Il primo era misurato in base alle interazioni dell’utente con i post, determinate con i seguenti criteri: numero di click, di condivisioni, di like, eventuali commenti e, in generale, di visualizzazioni.
Infine il Time Decay era l’indicatore del momento in cui è pubblicato un post. Quest’ultimo, secondo tale sistema, appariva tanto più frequentemente in base a quanto fosse recente.
L’algoritmo attuale è “network based”, cioè non più basato sulle preferenze del singolo utente, come visto precedentemente, ma su quella della rete, ossia dei suoi amici. Questo spiega come mai ora, connettendosi a Facebook, si vedono spesso post di pagine che non si seguono, ma che evidentemente piacciono a molti dei nostri amici.
In tal senso ha molta importanza quando e quanto entriamo in contatto con gli altri utenti: tale cronologia è detta “Last Actor”. Qui ritorna il concetto di peso, ma con altri parametri: la frequenza di post di determinate persone dipende soprattutto dallo scambio privato di contenuti e dunque dalle interazioni su Messenger.
Facebook, dal 2018, tiene conto in particolare di chi entra di più sui social dando più valore alle interazioni di coloro che fanno meno accessi o comunque pubblicano di meno.
Il fattore tempo
Perde rilevanza, con il nuovo algoritmo, il Time Delay: un post, anche se vecchio, può ritornare in auge secondo determinati fattori. Oltre alle visualizzazioni, ai click, ai like e ai commenti, sono comparse recentemente le reazioni (il cuore, l’emoticon della risata, quella triste, l’espressione sorpresa e la faccina arrabbiata) e le instant share (le condivisioni immediate).
Nel conteggio rientra inoltre un’interazione invisibile ossia il tempo in cui l’utente si sofferma su un determinato post pur non commettendo nessuna azione tangibile.
Questo insieme di fattori è detto “Story Bumping” ossia letteralmente le storie d’urto, dunque d’interazione.
Per usare al meglio le potenzialità dello Story Bumping gli esperti consigliano di commentare nostri post datati per riportarli sulle home dei nostri amici. Uno strumento utile per quest’obiettivo sono i ricordi, cioè i post e le foto degli anni precedenti che Facebook ci propone periodicamente nelle notifiche.
Per crescere il nostro appeal sui social, è importante dare attenzione soprattutto a cosa pubblichiamo e qui entra in gioco il “Post Type”, un’altra novità dell’algoritmo, che stabilisce l’ordine di rilevanza dei contenuti.
Al primo posto ci sono gli special content: video sottotitolati, filmati e foto a 360 gradi e le inserzioni (canvas e carousel). Seguono i video e le foto semplici, i link ad articoli e, per ultimi, gli stati personali.
Facebook e i Video
Di questi contenuti meritano un’attenzione particolare i video: i più visti risultano essere quelli caricati direttamente sui social e non attraverso piattaforme come Youtube. Sono da quelli sottotitolati poiché l’85% degli iscritti a Facebook non attiva l’audio (ad esempio perché è a lavoro o per strada) e quindi è facilitato nella visione.
L’algoritmo tiene dunque conto del fatto che la maggior parte delle visualizzazioni avvengono da dispositivi mobili (tablet, smartphone, iphone). Per questo è opportuno non postare video troppo pesanti e non supportabili in caso di segnale scarso o di connessione dati in esaurimento e tenere sempre a mente queste novità se si vuole incrementare l’engagement del proprio profilo o della propria pagina business di facebook.