Il trattamento di fine rapporto o TFR, è una voce retributiva del rapporto di lavoro a sé stante. Consiste in una forma di retribuzione differita che matura durante tutto il corso del rapporto di lavoro ma che è esigibile soltanto quando il rapporto di lavoro giunge al termine.
TFR in Busta Paga
Nel 1982 il TFR ha sostituito il precedente istituto dell’indennità di anzianità che era calcolata moltiplicando l’ultima retribuzione per gli anni di servizio presso l’azienda, creando il rischio di liquidazioni gonfiate tramite incrementi artificiosi della retribuzione nei momenti finali del rapporto. Con il passaggio al TFR tali inconvenienti sono stati eliminati grazie ad un nuovo meccanismo di calcolo.
La novità del 1982 ha introdotto, inoltre, il concetto di “non occasionalità” della retribuzione, per cui, mentre l’indennità di anzianità era basata sulla continuità (quindi la ripetizione nel tempo di un compenso), il TFR attiene alla tipologia e alla natura del compenso (ogni somma percepita a titolo non occasionale dal lavoratore). Oggi, a favore di ciascun dipendente, viene contabilmente accantonato dal datore di lavoro, ogni anno, un importo calcolato dividendo retribuzione annuale per 13,5 e cioè una cifra che corrisponde, approssimativamente, ad una mensilità di retribuzione per anno.
Gli accantonamenti, ogni anno sono rivalutati secondo una percentuale ancorata al costo della vita e il rendimento è pari a quello di un investimento bancario a basso tasso di interesse: il TFR finale risulta dalla somma di tutti gli accantonamenti annuali, debitamente rivalutati.
Anticipo sul TFR
Proprio in ragione della non esigibilità del trattamento, il dipendente non può fruire della somma accantonata prima della cessazione del rapporto lavorativo. È possibile, invece, richiedere un’anticipazione del TFR entro un massimo del 70% del trattamento accantonato sino a quel momento. Le richieste di anticipazione sono soddisfatte annualmente entro i limiti del 10% dei lavoratori che hanno avanzato richiesta di anticipo del TFR, comunque, del 4% del numero totale dei dipendenti.
L’anticipo del Tfr è inoltre concessa solo nel caso in cui, il lavoratore richiedente, è in grado di addurre e documentare una serie di specifiche causali alla richiesta:
- spese sanitarie per terapie e interventi straordinari riconosciuti dalle competenti strutture pubbliche
- acquisto della prima casa per sé e per i figli
- sostegno economico durante il periodo di fruizione del congedo parentale o dei congedi formativi
L’anticipazione, ad ogni modo, può essere ottenuta una sola volta nel corso del rapporto di lavoro ed è detratta dal trattamento finale.
TFR in azienda o in Fondi pensione?
Il TFR è stato oggetto di dibattito soprattutto in riferimento al contesto della crisi del sistema previdenziale. L’intersezione del Trattamento di Fine Rapporto con l’ambito del mercato finanziario e della tutela pensionistica ha indotto a sviluppare un secondo sistema previdenziale: la previdenza complementare.
Tale sistema poggia sui fondi pensionistici volti a raccogliere i contributi versati dalle imprese e dai lavoratori e ad erogare prestazioni pensionistiche integrative di quelle pubbliche. Con la prima riforma in materia del 1993 era stato adottato il regime delle prestazioni a contribuzione definita in cui la prestazione è, di massima, la risultante dell’importo dei contributi versati sulla posizione di ciascun lavoratore.
Il problema di tali fondi riguardava la loro alimentazione dal momento che non vi era margine per ulteriori incrementi della contribuzione obbligatoria a carico delle imprese. Tale sistema è stato sostituito dal d.lgs. 252/2005 tramite la previsione della tendenziale destinazione degli accantonamenti per il TFR ai fondi pensione. Questa destinazione, inoltre, è stata limitata ai TFR ancora ancora da maturare, lasciando intatto quello già maturato dai lavoratori fino a quel momento.
Considerata la necessità del consenso individuale per cercare di favorire la scelta di devolvere il TFR ai fondi pensione, vale la regola del silenzio assenso cioè entro sei mesi dall’assunzione, il dipendente che vuole mantenere il trattamento dentro l’azienda ha il dovere di esprimere formalmente questa volontà, attraverso la sottoscrizione di un apposito modulo. Se ciò non avviene il TFR è devoluto ad un fondo pensione previsto dalla legge.
Una volta destinati ad un fondo pensione, gli accantonamenti annuali non alimentano più il TFR ma il conto contributivo acceso presso il fondo stesso la cui dote è trasferibile da un fondo all’altro seguendo gli eventuali cambiamenti e spostamenti di impiego del soggetto. Tutto ciò consente, al raggiungimento dell’età prevista, l’erogazione di una pensione complementare che può variare in relazione ai rendimenti finanziari conseguiti dal capitale accumulato.
Dal 1 Gennaio 2007, è stato inoltre stabilito che le imprese con almeno cinquanta dipendenti devono versare ad un apposito fondo di tesoreria instituito presso l’INPS le quote di trattamento di fine rapporto maturato che siano state mantenute dai lavoratori presso l’impresa. Al momento della cessazione del rapporto, tali quote danno luogo alla normale maturazione del TFR che continua ad essere pagato interamente dall’impresa con un successivo addebito all’INPS della quota a lui già dirottata.
La legge di stabilità del 2015, inoltre, ha introdotto, in via sperimentale fino al 30 giugno 2018, la possibilità per i lavoratori dipendenti del settore privato che da almeno sei mesi abbiano un rapporto lavoro con lo stesso datore, di ricevere un’anticipo del TFR in busta paga. Tale anticipazione, che è su base volontaria, avviene tramite la liquidazione diretta mensile delle quote che il lavoratore matura come parte integrativa della retribuzione.